Patologie

Cheratocono

Il cheratocono è una malattia rara e degenerativa caratterizzata da un progressivo sfiancamento del tessuto corneale, che evolve assumendo la forma di un cono.

Questa patologia si manifesta solitamente durante l’infanzia o l’adolescenza e tende a regredire attorno ai 40 anni.

Entrambi gli occhi possono essere colpiti, sebbene non sempre in modo simmetrico, e ciò può portare a un’importante disabilità visiva nel corso degli anni. Se non viene diagnosticato in tempo o trattato in modo adeguato, il cheratocono può comportare una significativa riduzione della vista e, nei casi più gravi, rendere necessario un trapianto della cornea.

I sintomi del cheratocono

I sintomi più comuni del cheratocono includono una visione sfuocata, che diventa progressivamente difficile da correggere con gli occhiali, un aumento della sensibilità alla luce, e difficoltà nella guida notturna, con la formazione di aloni attorno alle sorgenti luminose. Inoltre, i pazienti possono sperimentare affaticamento visivo e un impulso persistente a sfregare gli occhi.

La prevenzione

Fare prevenzione per il  cheratocono è fondamentale. Il consiglio è quello di sottoporre fin dall’età pediatrica i propri figli a visite oculistiche. La prima a 3 anni, la seconda a 6 anni e l’ultima a 12 anni. Se c’è una famigliarità con questa malattia è preferibile fare maggiori controlli associati anche a esami specifici.

La diagnosi di cheratocono

Se non trattata tempestivamente questa patologia provoca  significativi peggioramenti della vista. 

Per tale motivo è  importante sottoporre i bambini alle visite di routine durante l’infanzia e l’adolescenza; l’età in cui generalmente la patologia si manifesta di più.

La diagnosi del cheratocono si basa su una serie di analisi mirate a valutare la salute complessiva della cornea e a monitorare eventuali cambiamenti nel tempo. Tra questi esami vi sono:

  • Tomografia corneale: utilizzata per analizzare la curvatura e la morfologia della cornea.
  • Topografia corneale: impiegata per mappare la superficie esterna della cornea e identificare eventuali irregolarità.
  • Pachimetria: serve a misurare lo spessore della cornea e a individuare il punto più sottile, fornendo informazioni cruciali per la diagnosi e il trattamento.

Come si cura il cheratocono

Il trattamento del cheratocono varia in base allo stadio della malattia. Nelle forme avanzate, la correzione visiva viene effettuata tramite lenti a contatto gas permeabili semirigide, poiché gli occhiali non sono più efficaci e le lenti a contatto morbide possono risultare scomode a causa della deformazione della cornea.

Attualmente, il trattamento principale per il cheratocono è il Cross-linking corneale, una procedura che rinforza le fibre corneali indebolite. Nei casi più gravi, potrebbe rendersi necessario un intervento chirurgico per il trapianto di cornea da donatore. Esistono due tipologie di trapianti:

  • Cheratoplastica perforante: prevede la sostituzione dell’intera cornea.
  • Cheratoplastica lamellare anteriore: comporta la rimozione solo di una parte della cornea.

In entrambi i casi, il trapianto della cornea richiede un lungo periodo di recupero e una terapia antirigetto prolungata, che viene somministrata tramite colliri.

Il cross-linking corneale

Il Cross-Linking corneale “epi-off” rappresenta il trattamento di elezione per il cheratocono, poiché in molti casi può prevenire la necessità di un trapianto corneale, fermando l’evoluzione della malattia. Questo intervento è poco invasivo e rinforza le fibre corneali attraverso l’uso della vitamina B2 e dei raggi ultravioletti.

Grazie a questo trattamento, i legami molecolari della cornea diventano più resistenti all’indebolimento tipico del cheratocono. Il processo di consolidamento delle fibre avviene gradualmente e, in alcuni pazienti, oltre alla stabilizzazione della patologia, si può riscontrare una riduzione della curvatura corneale massima e un miglioramento nella tolleranza alle lenti a contatto.

Per coloro che presentano un cheratocono lieve o hanno un’acutezza visiva elevata (fino a 10 decimi), è possibile considerare la tecnica “epi-on”, che è meno invasiva e definita “light”. In questo approccio, la riboflavina (vitamina B2) viene assorbita tramite iontoforesi, utilizzando una sorgente di corrente a basso voltaggio che facilita la penetrazione della riboflavina nella cornea.

Il Cross-Linking corneale è indolore e dura circa 30 minuti. Dopo la procedura, è comunque fondamentale programmare controlli regolari per monitorare l’andamento della malattia.

La cheratoplastica lamellare anteriore

La cheratoplastica lamellare anteriore è un intervento chirurgico che si propone di rimuovere la porzione patologica della cornea, preservando lo strato endoteliale posteriore. Questa tecnica presenta diversi vantaggi rispetto alla cheratoplastica perforante (PKP), in particolare per la sua capacità di salvaguardare l’endotelio e ridurre il rischio di rigetto.

Esistono due principali varianti di cheratoplastica lamellare:

  1. Cheratoplastica non-profonda (ALK)
  2. Cheratoplastica profonda (DALK)

Queste varianti si differenziano in base alla profondità del trattamento effettuato. La cheratoplastica lamellare profonda è generalmente indicata per il cheratocono che non coinvolge l’endotelio; tuttavia, non è eseguibile in presenza di episodi pregressi di idrope acuta o in casi particolarmente avanzati, a causa del rischio di perforazione corneale.

Inoltre, la cheratoplastica non-profonda può essere eseguita con l’ausilio di un laser a femtosecondi. Quando è possibile, la cheratoplastica lamellare viene preferita alla cheratoplastica perforante poiché consente di trattare solo la zona più colpita dal cheratocono, ottimizzando così i risultati visivi e riducendo il tempo di recupero.

Il trapianto di cornea

La cheratoplastica perforante (PKP) è un intervento chirurgico che implica il trapianto di cornea da un donatore, generalmente effettuato in anestesia generale. Questa procedura è riservata ai casi di cheratocono estremamente gravi, nei quali i trattamenti con Cross-Linking corneale non hanno avuto successo e non è possibile ricorrere a una cheratoplastica lamellare.

L’intervento è standardizzato e richiede in media tra i 30 e i 40 minuti per essere completato. Tuttavia, la cheratoplastica perforante viene di solito evitata quando ci sono opzioni di trattamento meno invasive e più conservative disponibili, per ridurre i rischi e migliorare il recupero post-operatorio.